SAPEVI CHE...?

La mia parte intollerante (pt. 2)

Parte 2: convivere serenamente con l’intolleranza al lattosio

Nella prima parte di questa serie di articoli su intolleranza e dintorni abbiamo discusso di intolleranze in termini generali, in questo articolo, invece, ci concentreremo sugli aspetti fondamentali dell’intolleranza al lattosio: causa, diagnosi e come conviverci in serenità.

Come precedentemente discusso, l’intolleranza non deve essere confusa con l’allergia, in quanto non vi è nessuna reazione mediata dal sistema immunitario nei confronti delle molecole contenute negli alimenti.

Per comprendere le cause dell’intolleranza al lattosio, vediamo prima cosa succede in condizioni fisiologiche quando assumiamo alimenti contenenti lattosio, un disaccaride (di = due, saccaride = zucchero) formato da una molecola di glucosio e una di galattosio,  presente naturalmente nel latte e nei prodotti caseari in quantità variabili.

In seguito all’ingestione di latte o derivati, il lattosio raggiunge l’intestino dove viene “accolto” dall’enzima lattasi che lo scinde nei due componenti fondamentali, glucosio e galattosio, i quali a questo punto vengono assorbiti dalle cellule intestinali per essere infine utilizzati come fonte energetica dall’organismo.

L’intolleranza al lattosio è proprio l’incapacità di scomporre il lattosio a causa dell’assenza o della ridotta produzione dell’enzima lattasi.

Va sottolineato che la “lattasi non persistenza” cioè la riduzione/scomparsa dell’enzima lattasi dall’intestino, è geneticamente determinata e soprattutto è un normale fenomeno che accompagna la crescita dell’individuo: infatti è molto rara nei neonati poiché devono nutrirsi esclusivamente del latte materno e via via più frequente con l’avanzare dell’età, quando, dopo lo svezzamento, il latte non costituisce più l’unico alimento di cui abbiamo bisogno. L’intolleranza al lattosio può essere anche transitoria: a seguito di una gastroenterite potremmo non digerire più molto bene il lattosio, ma niente paura! Non è una condizione permanente e al ristabilirsi delle corrette funzioni intestinali potremo tornare ad assumere normalmente latte e latticini.

Se la degradazione del lattosio non avviene o avviene parzialmente come nel caso dell’intolleranza al lattosio, esso agisce come un lassativo aumentando il contenuto di acqua nell’intestino provocando la diarrea e inoltre viene degradato dai batteri intestinali che popolano il colon in idrogeno, anidride carbonica e altre molecole, generando flatulenza e dolore addominale, tipici sintomi dell’intolleranza al lattosio.

Se in seguito al consumo di latte e derivati si ha la sensazione di gonfiore addominale, flatulenza e altri sintomi che potrebbero essere riconducibili all’intolleranza al lattosio, sarebbe opportuno effettuare una diagnosi certa prima di eliminare a priori alimenti importanti per la nostra dieta. Infatti, non sempre i sintomi gastrointestinali sono causati dalla scarsa funzionalità/assenza dell’enzima lattasi.

I test più comuni e affidabili per misurare la capacità di digerire il lattosio sono il breath test (test del respiro) e il test della tolleranza al lattosio: il primo misura proprio la quantità di idrogeno presente nel respiro dopo l’ingestione di una bevanda a base di lattosio; il secondo misura la quantità di glucosio nel sangue sempre a seguito dell’ingestione di una soluzione a base di lattosio.

Quindi se il test conferma l’intolleranza al lattosio, bisognerà rinunciare definitivamente a latte e formaggi? In realtà  i mal digestori del lattosio possono tollerare bene fino a 12 g di lattosio al giorno, una quantità presente in circa 240 ml di latte, mentre i prodotti caseari contengono una quantità di lattosio che varia in base al grado di stagionatura del prodotto, ma in linea di massima è veramente esigua, poiché prevalentemente fermentato dai batteri durante la stagionatura. Ad esempio in un vasetto di yogurt vi sono 5,4 g di lattosio, in una porzione da 100 g di mozzarella di vacca ce ne sono 0,7 g, in 10 g di burro 0,1 g, in una porzione da 50 g di scamorza 0,5 g e in 50 g di parmigiano la quantità di lattosio è addirittura trascurabile.

Inoltre, per non rinunciare al gusto è possibile assumere il latte delattosato in cui il lattosio è già separato nei suoi componenti principali, glucosio e galattosio, mentre possiamo lasciare sugli scaffali prodotti come “yogurt senza lattosio” o addirittura “burro senza lattosio”, che per i motivi di cui sopra non hanno senso di esistere.

L’intolleranza al lattosio, quindi, non è affatto una patologia grave ma un disturbo con cui si può convivere serenamente semplicemente riducendo e non necessariamente eliminando latte e latticini dalla nostra alimentazione. Se invece pensi che il goccio di latte che macchia il caffè sia responsabile dei tuoi mali, sappi che la causa dei tuoi disturbi gastrointestinali è da ricercare altrove!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *